La storia di una famiglia palestinese: il conflitto del Medio Oriente è intrecciato con la quotidianità di persone comuni
“Come reagire alla violenza senza lasciarsi trasformare dalla violenza stessa?”.
È la domanda che rimane dopo aver visto “Tutto quello che resta di te”, il film di Cherien Dabis, candidato dalla Giordania agli Oscar 2026 come Miglior film internazionale, che intreccia memoria, dolore e resistenza morale, in un racconto insieme intimo e storico, attraverso tre generazioni.
È la storia di una famiglia palestinese segnata dalla morte del giovane Noor, ucciso dai soldati israeliani durante una manifestazione in un campo profughi della Cisgiordania occupata, durante la prima Intifada nel 1988. Il racconto va dal 1948, quando il nonno è costretto con la forza ad abbandonare la sua città, Jaffa (oggi Tel Aviv), fino ad arrivare ai giorni nostri, attraverso il racconto della madre di Noor (interpretata dalla stessa Dabis, regista del film) e ricostruendo una vera e propria genealogia del trauma: ciò che accade ai padri ritorna nei figli e ognuno eredita una parte del peso lasciato dalla generazione precedente.
L’eco dei conflitti del Medio Oriente è intrecciato con la quotidianità di persone comuni che tentano di restare fedeli a sé stesse in un conflitto contro un nemico che non si limita a occupare la terra, ma invade i legami, le scelte e perfino i ricordi e dove la legge del più forte sembra prevalere. Significativa la scena in cui l’imam, rivolgendosi ai genitori ai quali è stato ammazzato il figlio Noor, ricorda: “Possono togliervi tutto, ma nessuno può togliervi la vostra umanità”. Una frase che risuona come la chiamata a una nonviolenza difficile: i genitori, sospesi tra impotenza, rabbia e tentazione alla vendetta, dovranno compiere una scelta importante.
Nelle sale in questo periodo, il film è stato proiettato anche al cinema Manzoni di Paese all’interno del percorso “Disobbedire alla guerra”, che l’associazione Spazio civico di Paese ha dedicato nel mese di novembre al tema della pace e della responsabilità personale.
Percorso terminato con l’incontro con due giovani obiettori israeliani dell’associazione Mesarvot, che hanno tenuto vari incontri nel territorio, e la proposta di digiuno: un invito a interrogarsi, insieme, sul rapporto tra violenza e nonviolenza, sull’indifferenza e sul pregiudizio che ancora alimentano conflitti irrisolti come quello israelo-palestinese.
Regia di Cherien Dabis, 2025, con Saleh Bakri, Cherien Dabis, Adam Bakri, Maria Zreik, Mohammad Bakri.
Titolo originale: All that’s left of you. Genere Drammatico, – Cipro, Germania, Grecia, Giordania, 2025, durata 145 minuti.
Alberto Pietrobon