Dalla vita del popolo di questa settimana
La violenza sulle donne rappresenta uno dei fenomeni sociali più gravi e persistenti a livello globale, che coinvolge tutti gli strati della società, eppure continua a essere troppo spesso trattata come un problema marginale o secondario. Si manifesta in diverse forme – fisica, psicologica, sessuale, economica e verbale – e ha effetti devastanti sulla vita delle vittime, tanto sul piano individuale, quanto su quello collettivo. Nonostante gli avanzamenti nelle politiche di sensibilizzazione e nelle leggi contro la violenza di genere, le statistiche continuano a raccontare una realtà inquietante. Di fronte a questa emergenza sociale, che ruolo gioca la famiglia nella formazione di comportamenti e atteggiamenti che possano prevenire o, al contrario, perpetuare questo fenomeno?
Senza addentrarci in seppur necessarie disamine, uno degli aspetti più rilevanti riguarda la costruzione delle identità di genere e le dinamiche relazionali che si sviluppano sin dall’infanzia.
La prevenzione
La famiglia è la prima “palestra” di socializzazione in cui i bambini entrano in contatto con le dinamiche relazionali e apprendono i valori fondamentali su cui si fondano i rapporti interpersonali. Ma come può la famiglia giocare un ruolo più efficace nella prevenzione?
Senza alcuna pretesa di esaustività, ci pare utile fornire qui alcuni spunti di riflessione e risvolti pratici.
In primo luogo, i genitori dovrebbero essere consapevoli che il loro comportamento e le loro interazioni sono i primi e i più importanti modelli che i figli interiorizzano. Se i figli vedono che gli adulti di riferimento e, in primis, i genitori sono capaci di adottare un linguaggio (verbale e non) che sia fondato sul rispetto e sulla reciprocità, impareranno che una relazione sana si basa su principi di equità, ascolto e dialogo. Al contrario, se assistono in famiglia a comportamenti aggressivi o denigratori, è probabile che, crescendo, riproducano questi schemi nelle proprie relazioni, creando un circolo vizioso.
Questo, naturalmente, non implica la necessità della presenza di un “genitore perfetto”, ma pensiamo che anche l’imperfezione e la debolezza che ognuno di noi a volte può manifestare, se riconosciute e correttamente elaborate (per esempio il semplice saper “chiedere scusa” per un comportamento sbagliato) possano fungere da semplice, ma efficace esempio di una relazione matura, proprio perché “imperfetta”.
In secondo luogo, particolare cura andrebbe posta, a nostro parere, nell’evitare di trasmettere stereotipi di genere che limitano le possibilità e le aspirazioni dei figli. In molte culture, e anche nelle nostre società, persistono ancora aspettative rigide riguardo ai ruoli che uomini e donne devono ricoprire. Le bambine sono spesso educate alla cura della casa e della famiglia, mentre i bambini sono incoraggiati a “essere forti” e magari a diventare dei “leader”. Questi stereotipi possono, da un lato, limitare le aspirazioni di un figlio, dall’altro alimentare un’idea distorta di forza e di dominio.
Un terzo aspetto cruciale è l’educazione emotiva. In molte famiglie i bambini, soprattutto se maschi, non sono incoraggiati a parlare delle proprie emozioni, specialmente quelle considerate più “deboli” come la tristezza, la paura o la frustrazione. Questo “analfabetismo emotivo” indotto può portare, una volta cresciuti, a una incapacità nel gestire adeguatamente i conflitti e le emozioni rimosse o non riconosciute, sfociando, infine, in comportamenti quantomeno incapaci di empatia se non addirittura violenti. Insegnare a riconoscere e rispettare i sentimenti propri e altrui nel contesto di una comunicazione assertiva significa, a nostro parere, mettere a disposizione dei nostri figli degli strumenti fondamentali nella costruzione di relazioni equilibrate e non violente. Infine, un ultimo esempio molto pratico di prevenzione è la ricerca di un equilibrio “dinamico” nella distribuzione dei compiti all’interno della famiglia. Se, ad esempio, le donne sono lasciate sole a gestire il carico di lavoro domestico e la cura dei figli, mentre gli uomini si occupano esclusivamente di lavori esterni o di “attività importanti”, si rafforza l’idea di un ordine gerarchico. A nostro parere, invece, la “condivisione” e non la “suddivisione” (ad esempio dei compiti domestici) e la riduzione all’essenziale dei ruoli “fissi” possono costituire un passo fondamentale nella costruzione di una relazione paritaria, dove ogni componente della famiglia si sentirà valorizzato e supportato nelle rispettive esigenze e capacità.
La responsabilità delle istituzioni e delle associazioni
Pur riconoscendo il ruolo fondamentale della famiglia, la responsabilità di educare contro la violenza di genere non può ricadere esclusivamente su di essa. La violenza contro le donne è un fenomeno complesso e devastante, che richiede un impegno collettivo e multidimensionale per essere affrontato. La scuola, i media e le istituzioni e le associazioni del terzo settore devono contribuire (preferibilmente insieme) a sensibilizzare ragazzi, giovani e adulti, chiamati a svolgere un ruolo attivo nel promuovere una cultura di rispetto e di uguaglianza.
Per queste ragioni, l’associazione Famiglie 2000 ha organizzato quest’anno due iniziative, strettamente collegate: la presentazione a Treviso nel marzo scorso del libro “Cara Giulia” che Gino Cecchettin ha dedicato alla figlia, e il concerto-testimonianza della pianista Giuseppina Torre, già vittima di violenza, che si terrà il prossimo 29 novembre, a Mogliano Veneto (vedi pagina 21, per ulteriori informazioni www.famiglie2000.it).
Crediamo, infatti, nel valore che associazioni come Famiglie 2000 e altre, a vario titolo, possano rappresentare nel sensibilizzare gli individui e le famiglie su temi di rilevanza sociale, nonché nel ruolo che il cosiddetto “settore intermedio” è chiamato a svolgere nel far emergere e mediare le esigenze della società civile nei confronti degli organi istituzionali, chiamati ad allocare le risorse necessarie per rispondere a questi bisogni, anche attraverso iniziative come quelle appena citate.
Solo attraverso la sensibilizzazione, la prevenzione e un cambiamento profondo nei modelli educativi e nei modelli relazionali familiari basati sulla parità e sulla valorizzazione di ciascun individuo crediamo sia possibile prevenire e contrastare violenza di genere e costruire una comunità più solidale e sicura per le donne e per tutti i suoi membri.
Serafino Pitingaro e Luca De Mattia, associazione Famiglie 2000 odv