PER LEGERE/STAMPARE IL FOGLIETTO CLICCARE QUI SOTTO
CONTENUTO
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
SUL FOGLIETTO STATO E’ RIPORTATO IL DISCORSO DI PAPA LEONE XIV
Essere costruttori di unità nel quotidiano; custodire e trasmettere la memoria storica della Chiesa, cercando insieme di essere una Chiesa missionaria, «sempre aperta ad accogliere […] con le braccia aperte a tutti»: è il compito affidato da Papa Leone XIV agli officiali della Curia Romana, ai dipendenti della Santa Sede, del Governatorato dello Stato Città del Vaticano e del Vicariato di Roma, ricevuti in udienza sabato 24 maggio, in Aula Paolo VI.
Ecco il discorso del Pontefice. LEONE XIV
Questo nostro primo incontro non è certo il momento per fare discorsi programmatici, ma piuttosto è per me l’occasione di dirvi grazie per il servizio che svolgete, questo servizio che io, per così dire, “eredito” dai miei Predecessori. Grazie davvero. Sì, come sapete, io sono arrivato solo due anni fa, quando l’amato Papa Francesco mi ha nominato Prefetto del Dicastero per i Vescovi. Allora ho lasciato la Diocesi di Chiclayo, in Perú, e sono venuto a lavorare qui. Che cambiamento! E adesso poi… Cosa posso dire? Solo quello che Simon Pietro disse a Gesù sul lago di Tiberiade: «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene» (Gv 21, 17).
I Papi passano, la Curia rimane. Questo vale in ogni Chiesa particolare, per le Curie vescovili. E vale anche per la Curia del Vescovo di Roma. La Curia è l’istituzione che custodisce e trasmette la memoria storica di una Chiesa, del ministero dei suoi Vescovi. Questo è molto importante. La memoria è un elemento essenziale in un organismo vivente. Non è solo rivolta al passato, ma nutre il presente e orienta al futuro. Senza memoria il cammino si smarrisce, perde il senso del percorso.
Ecco, carissimi, questo è il primo pensiero che vorrei condividere con voi: lavorare nella Curia Romana significa contribuire a tenere viva la memoria della Sede Apostolica, nel senso vitale che ho appena accennato, così che il ministero del Papa possa attuarsi nel migliore dei modi. E per analogia questo si può dire anche dei servizi dello Stato della Città del Vaticano.
C’è poi un altro aspetto che desidero richiamare, complementare a quello della memoria, cioè la dimensione missionaria della Chiesa, della Curia e di ogni istituzione legata al ministero petrino. Su questo ha insistito molto Papa Francesco, che, coerentemente con il progetto enunciato nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, ha riformato la Curia Romana nella prospettiva dell’evangelizzazione, con la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium. E questo l’ha fatto ponendosi nella scia dei Predecessori, specialmente di San Paolo VI e San Giovanni Paolo II. Come penso sappiate, l’esperienza della missione fa parte della mia vita, e non solo in quanto battezzato, come per tutti noi cristiani, ma perché come religioso agostiniano sono stato missionario in Perù, e in mezzo al popolo peruviano è maturata la mia vocazione pastorale. Non potrò mai ringraziare abbastanza il Signore per questo dono! Poi, la chiamata a servire la Chiesa qui nella Curia Romana è stata una nuova missione, che ho condiviso con voi in questi ultimi due anni. E ancora la continuo e la continuerò, finché Dio vorrà, in questo servizio che mi è stato affidato.
Perciò, ripeto a voi quello che ho detto nel mio primo saluto, la sera dell’8 maggio: «Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta ad accogliere […] con le braccia aperte a tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, della nostra presenza, del dialogo e dell’amore». Queste parole erano indirizzate alla Chiesa di Roma.
E ora le ripeto pensando alla missione di questa Chiesa verso tutte le Chiese e il mondo intero, di servire la comunione, l’unità, nella carità e nella verità.
Il Signore ha dato a Pietro e ai suoi successori questo compito, e tutti voi in modi diversi collaborate per questa grande opera. Ciascuno dà il suo contributo svolgendo il proprio lavoro quotidiano con impegno e anche con fede, perché la fede e la preghiera sono come il sale per i cibi, danno sapore.
Se dunque dobbiamo tutti cooperare alla grande causa dell’unità e dell’amore, cerchiamo di farlo prima di tutto con il nostro comportamento nelle situazioni di ogni giorno, a partire anche dall’ambiente lavorativo. Ognuno può essere costruttore di unità con gli atteggiamenti verso i colleghi, superando le inevitabili incomprensioni con pazienza, con umiltà, mettendosi nei panni degli altri, evitando i pregiudizi, e anche con una buona dose di umorismo, come ci ha insegnato Papa Francesco.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio ancora di cuore! Siamo nel mese di maggio: invochiamo insieme la Vergine Maria, perché benedica la Curia Romana e la Città del Vaticano, e anche le vostre famiglie, specialmente i bambini, gli anziani e le persone malate e sofferenti.
Grazie!
AVVISI
DOMENICA 1 GIUGNO
Ascensione del Signore
PS. nel nostro sito Web potete leggere un commento al vangelo..
DOMENICA 8 GIUGNO –
Solennità di Pentecoste
In Cattedrale alle ore 17,00 Vespri solenni con la partecipazione del Vescovo Michele
SETTIMANA LITURGICA
| DOMENICA 1° GIUGNO bianco
Ascensione del Signore C (s)Liturgia delle ore propria |
|
| LUNEDÌ 2 GIUGNO bianco
Liturgia delle III settimana |
|
| MARTEDÌ 3 GIUGNO rosso Ss. C. Lwanga e c. (m) Liturgia delle ore III settimana At 20,17-27; Sal 67; Gv 17,1-11a Regni della terra, cantate a Dio |
|
| MERCOLEDÌ 4 GIUGNO bianco
Liturgia delle ore III settimana |
|
| GIOVEDÌ 5 GIUGNO rosso
S. Bonifacio (m) L iturgia delle ore III settimana |
|
| VENERDÌ 6 GIUGNO bianco Liturgia delle ore III settimana At 25,13-21; Sal 102; Gv 21,15-19 Il Signore ha posto il suo trono nei cieli |
|
| SABATO 7 GIUGNO bianco Liturgia delle ore propria |
At 28,16-20.30-31; Sal 10; Gv 21,20-25 Gli uomini retti, Signore, contempleranno il tuo volto
DOMENICA 8 GIUGNO rosso
Pentecoste C (s) Liturgia delle ore propria
At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26 Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra
AGGIUNGIAMO UN COMMENTO AL VANGELO DI P. E. RONCHI CHE NON APPARRE SUL FOGLIETTO
UN CORPO ASSENTE
La “Chiesa in uscita” inizia su quell’altura, col chiedere agli apostoli un cambio di sguardo. Devono passare da un gruppo che mette se stesso al centro, ad una Chiesa al servizio dell’uomo, della vita, di ciò che conta davvero, della Casa comune e dei figli che verranno.
Ascensione: con Cristo anche noi a cercare un crocevia tra terra e cielo, una fessura aperta sull’oltre, su ciò che dura al di là del tramonto: sapere che il nostro amare non è inutile ma sarà raccolto goccia a goccia, come olio sacro e prezioso.
“E alzate le mani li benediceva, e veniva portato su, in cielo”. L’ultima immagine di Gesù sono le sue mani alzate a benedire. Sua parola definitiva che ci raggiunge tutti, una in-finita, mai finita benedizione che si stende sulla storia, sul pane e sulle pietre, sull’uomo che cade e su chi è ferito, ad assicurare che la vita è più forte delle sue ferite. Il mondo lo ha rifiutato e ucciso, e lui lo benedice.
L’ascensione non è una vittoria sulla forza di gravità, Gesù non è salito verso l’alto, è ‘asceso’ nel profondo degli esseri, è ‘disceso’ nell’intimo del creato e delle creature. Lui ha preso dimora nel profondo del creato, nel rigore della pietra come nella musica delle costellazioni: spostamento del cuore, non del corpo.
Con il suo corpo assente sottratto agli sguardi e al nostro avido toccare, inizia la nostalgia del cielo; non lo possiamo toccare, non lo possiamo trattenere come Maria quel giorno al sepolcro, perché lui deve andare all’essenziale.
Il Maestro lascia la terra con un fallimento, se giudicato coi numeri: delle folle osannanti rimangano solo undici uomini impauriti e poche donne tenaci e coraggiose. Ma lui sa che nessuno di loro lo dimenticherà, è la sola garanzia di cui ha bisogno, per affidare loro il suo vangelo e il suo sogno. “Ho amato ogni cosa con l’addio” (Marina Cvetaeva).
Mentre li benediceva si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Gesto prolungato, a indicare una benedizione mai terminata, che galleggia ancora alta sul mondo e vicinissima a me. Una benedizione ha lasciato il Signore; una parola bella su noi. Perché si benedice chi ci ha fatto del bene. E io, quale bene ho fatto a Dio? Eppure egli benedice i miei sandali rotti e i miei percorsi malandati.
Luca conclude il suo vangelo a sorpresa: i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia. Invece d’essere tristi perché se ne andava il loro amico, sentono dentro un amore che abbraccia l’universo, e ne sono felici: finalmente hanno capito. La “Chiesa in uscita” inizia su quell’altura, col chiedere agli apostoli un cambio di sguardo. Devono passare da un gruppo che mette se stesso al centro, ad una Chiesa al servizio dell’uomo, della vita, di ciò che conta davvero, della Casa comune e dei figli che verranno.
Benedici anche me, Signore, che sto imparando, che sto qualche volta camminando, come loro, su sandali di gioia.
p. Ermes Ronchi