VESCOVO TOMASI. – Il ricordo di Benedetto XVI nell’omelia della messa di suffragio in cattedrale

Pubblicato giorno 13 gennaio 2023 - Foglio Parrocchiale

 

Da “LA VITA DEL POPOLO”

Pubblichiamo l’omelia della messa di suffragio per papa Benedetto, che il vescovo Tomasi ha presieduto giovedì 5 gennaio, alle 8.30, in cattedrale a Treviso.

 

L’incontro tra fede e ragione il suo faro

Nel giorno in cui a Roma papa Francesco presiede il funerale del papa emerito Benedetto XVI, ci
troviamo anche noi in Cattedrale a celebrare una Santa Messa di suffragio per Lui.

È il segno e l’espressione della gratitudine al Signore per il dono che ha fatto alla Chiesa universale di questo suo servitore, di questo uomo di Dio, pensatore e teologo “in ginocchio” davanti al Signore – così ce lo ha mirabilmente descritto Papa Francesco – e pastore della Chiesa universale in quanto successore di Pietro, in tempi difficili della storia dell’umanità.

È nel suo testamento spirituale che Egli ci ha riconsegnato il brano di Vangelo che ci è stato appena proclamato, quella Parola di Gesù che ci assicura di essere per noi “via, verità e vita”: “Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita – e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo”.
Ecco cosa ci sta dicendo in questo momento il papa emerito Benedetto XVI, ecco cosa ci consegna come sintesi di tutta la sua ricerca, della sua proclamazione, della sua vita; lo consegna a noi, “a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio – ha scritto -: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!”.
L’invito, l’esortazione accorata è a non lasciarci confondere da tante posizioni che da una parte o dall’altra ci vogliono convincere che la fede sia una rinuncia alla scienza, alla ragione, all’intelligenza umana.
L’incontro tra ragione e fede e la fiducia in una ragione che non voglia porre limiti alla propria capacità di domandare e trovare risposte, sono stati il faro della riflessione e dell’insegnamento di Papa Benedetto.
In quante occasioni ci ha esortato, con ragionamenti sempre articolati e profondi, pur nella loro limpida chiarezza, che la fede nel Logos, nella Parola rivelata e contenuta nelle Scritture, e nella Parola incarnata in Gesù di Nazaret, il Cristo, il Figlio di Dio, nulla toglie alla libertà dell’uomo, ma che anzi questa libertà trova il suo fondamento e la sua difesa più valida e sicura proprio nella fiducia nella Parola che, creatrice di tutto ciò che è, ci guida nel cammino della vita.
Papa Benedetto ci ha lasciati nel tempo di Natale, in cui celebriamo il mistero dell’Incarnazione del Verbo, del Dio infinito che si fa carne della nostra carne, storia della nostra storia. In un discorso tenuto a Parigi nel 2008 ai rappresentanti del mondo culturale francese – uno dei grandi discorsi del suo pontificato – egli si esprimeva così: “La novità dell’annuncio cristiano non consiste in un pensiero ma in un fatto: Egli si è mostrato. Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che, esso stesso, è Logos – presenza della Ragione eterna nella nostra carne. Verbum caro factum est (Gv 1,14): proprio così nel fatto ora c’è il Logos, il Logos presente in mezzo a noi. Il fatto è ragionevole. Certamente occorre sempre l’umiltà della ragione per poter accoglierlo; occorre l’umiltà dell’uomo che risponde all’umiltà di Dio”. Ecco l’incontro del mistero del Verbo eterno di Dio con la nostra storia e con la nostra carne, con la nostra esistenza.
L’invito grande è ad entrare anche noi con umiltà nella storia quotidiana degli uomini e delle donne, per trovare in essa la presenza del Signore che umilmente si abbassa, che svuota se stesso, affinché noi possiamo incontrarlo, nell’amore.
D’altra parte è l’invito rivolto a noi – nella grande tradizione del monachesimo – a non aspirare a nulla di meno che alla ricerca di Dio: “Quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, [san Benedetto e i suoi compagni] volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa.
Erano alla ricerca di Dio. Dalle cose secondarie volevano passare a quelle essenziali, a ciò che, solo, è veramente importante e affidabile”.
Con queste parole papa Benedetto ricordava che essi, i benedettini, a partire da ciò, sono stati in grado di costruire una cultura, comunità vive nella comunione e nella preghiera, e hanno consegnato alla nostra cultura un lavoro rivalutato come partecipazione all’opera creatrice di Dio e a servizio del bene di tutti (“Ora et labora”).
A quest’atteggiamento di fondo egli richiamava le Chiese dell’America Latina in un discorso del 2007 ad Aparecida, con parole cui ha fatto spesso riferimento papa Francesco: “La Chiesa non fa proselitismo.
Essa si sviluppa piuttosto per «attrazione»: come Cristo «attira tutti a sé» con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore”. Rimaniamo, allora, secondo l’invito del testamento di Benedetto XVI, saldi nella fede. Crediamo davvero che la Chiesa è il Corpo di Cristo nella storia di oggi, anche qui, anche ora.
Cerchiamo il volto del Signore per amarlo e per farci trasformare da Lui, per essere anche noi “contagiosi” nell’amore, nell’amicizia sociale, nella testimonianza di amore vissuto, concreto, partendo dalla contemplazione della Sua presenza viva tra noi.
Ci affidiamo alla certa speranza che Papa Benedetto ora veda Gesù così come Egli è, e dunque – secondo la Parola dell’Apostolo – sia davvero e definitivamente simile a Lui.
Preghiamo, perché ne possa godere la bellezza e la bontà, che possa godere della musica sublime della relazione eterna con Lui, quella bellezza e quella bontà che egli ha voluto insegnare alla Chiesa a cercare, a vivere, a realizzare già in questo tempo, e a sperare come dono per l’eternitàIl