55 ANNI FA LA PROCLAMAZIONE DI SAN BENEDETTO PATRONO D’EUROPA

Pubblicato giorno 21 luglio 2021 - Foglio Parrocchiale

 

55 ANNI FA LA PROCLAMAZIONE DI SAN BENEDETTO PATRONO D’EUROPA

 

 

Dall’Osservatore Romano

Ricorre in questi giorni il cinquantacinquesimo anniversario della proclamazione di san Benedetto abate a patrono principale dell’intera Europa, avvenuta con la lettera apostolica

Pacis nuntius di Paolo VI (che riportiamo in calce)

il quale a Montecassino, il 24 ottobre 1964, nuovamente consacrando la restaurata basilica dell’ Archicenobio benedettino dopo il bombardamento bellico del 1944, auspicava solennemente che, come Benedetto

«un tempo con la luce della civiltà cristiana riuscì a fugare le tenebre e a irradiare il dono della pace, così ora presieda all’intera vita europea, e con la sua intercessione la sviluppi e l’incrementi sempre più».

Fu la visione insieme riccamente storica e altamente profetica di Papa Montini che pose san Benedetto al centro del progetto europeo e lo additò come fattore di “civiltà cristiana”.

La Santa Sede
PAOLO VI
PACIS NUNTIUS
LETTERA APOSTOLICA
SAN BENEDETTO ABATE VIENE PROCLAMATO
PATRONO PRINCIPALE DELL’INTERA EUROPA
A PERPETUA MEMORIA


Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di san Benedetto Abate. Al crollare dell’Impero Romano, ormai esausto, mentre alcune regioni d’Europa sembravano cadere nelle tenebre e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, fu lui con costante e assiduo impegno a far nascere in questo nostro continente l’aurora di una nuova èra. Principalmente lui e i suoi figli portarono con la croce, con il libro e con l’aratro il progresso cristiano alle popolazioni sparse dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall’Irlanda alle pianure della Polonia (Cf AAS 39 (1947), p. 453).


Con la croce, cioè con la legge di Cristo, diede consistenza e sviluppo agli ordinamenti della vita pubblica e privata. A tal fine va ricordato che egli insegnò all’umanità il primato del culto divino per mezzo dell’«opus Dei», ossia della preghiera liturgica e rituale. Fu così che egli cementò quell’unità spirituale in Europa in forza della quale popoli divisi sul piano linguistico, etnico e culturale avvertirono di costituire l’unico popolo di Dio; unità che, grazie allo sforzo costante di quei monaci che si misero al seguito di sì insigne maestro, divenne la caratteristica distintiva del Medio Evo.


Questa unità che, come afferma sant’Agostino, è «esemplare e tipo di bellezza assoluta» (Cf Ep. 18, 2: PL 33, 85), purtroppo spezzata in un groviglio di eventi storici, tutti gli uomini di buona volontà dei tempi nostri tentano di ricomporre.
Col libro, poi, ossia con la cultura, lo stesso san Benedetto, da cui tanti monasteri attinsero denominazioni e vigore, salvò con provvidenziale sollecitudine, nel momento in cui il patrimonio umanistico stava disperdendosi, la tradizione classica degli antichi, trasmettendola intatta ai posteri e restaurando il culto del sapere. Fu con l’aratro, infine, cioè con la coltivazione dei campi e con altre iniziative analoghe, che riuscì a trasformare terre deserte e inselvatichite in campi fertilissimi e in graziosi giardini; e unendo la preghiera al lavoro materiale, secondo il suo famoso motto «ora et labora», nobilitò ed elevò la fatica umana.

Giustamente perciò Pio XII salutò san Benedetto «padre dell’Europa» (Cf AAS loc.mem.); in quanto ai popoli di questo continente egli ispirò quella cura amorosa dell’ordine e della giustizia come base della vera socialità. Lo stesso Predecessore Nostro desiderò che Dio, per i meriti di questo grande santo, assecondasse gli sforzi di quanti cercano di affratellare queste nazioni europee. Anche Giovanni XXIII, nella sua paterna sollecitudine, desiderò vivamente che ciò avvenisse.
È quindi naturale che pure Noi, a questo movimento, tendente al raggiungimento dell’unità europea, diamo il Nostro pieno assenso. Per questo abbiamo accolto volentieri le istanze di molti Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Superiori Generali di Ordini religiosi, Rettori di Università e di altri insigni rappresentanti del laicato di varie nazioni europee per dichiarare san Benedetto Patrono d’Europa.

E per questa solenne proclamazione Ci si presenta quanto mai opportuna la
data di oggi in cui riconsacriamo a Dio, in onore della Vergine santissima e di san Benedetto, il tempio di Montecassino che, distrutto nel 1944 durante il terribile conflitto mondiale, è stato ricostruito dalla tenacia della pietà cristiana. Il che
facciamo ben volentieri, ripetendo il gesto di alcuni Nostri Predecessori, che personalmente vollero procedere nel corso dei secoli alla dedicazione di questo centro di spiritualità monastica, reso famoso dal sepolcro di san Benedetto. Sia
dunque un così insigne santo ad esaudire i nostri voti e, come egli un tempo con la luce della civiltà cristiana riuscì a fugare le tenebre e a irradiare il dono della pace, così ora presieda, all’intera vita europea e con la sua intercessione la sviluppi e l’incrementi sempre più.


Pertanto, su proposta della Sacra Congregazione dei Riti, dopo attenta considerazione, in virtù del Nostro potere apostolico, con il presente Breve e in perpetuo costituiamo e proclamiamo san Benedetto Abate celeste Patrono
principale dell’intera Europa, concedendo ogni onore e privilegio liturgico, spettante di diritto ai Protettori primari.


Nonostante ogni disposizione in contrario. Questo rendiamo noto e stabiliamo, decidendo che la presente Lettera resti valida ed efficace, che ottenga i suoi pieni ed integrali effetti e sia rispettata da quanti essa riguarda o riguarderà in
futuro; così pure sia ad essa conforme qualunque giudizio o definizione; e fin d’ora sia invalido qualunque atto contrario da chiunque e da qualunque autorità fosse posto, coscientemente o per ignoranza.

Dato a Roma, presso San Pietro, i1 24 ottobre dell’anno 1964, secondo del Nostro Pontifica

Brevi cenni della vita di San Benedetto

San Benedetto, nacque verso il 480 nella città umbra di Norcia. Il padre era Eutropio, figlio di Giustiniano Console e Capitano Generale dei Romani nella regione di Norcia, mentre la madre era Abbondanza Claudia de’ Reguardati di Norcia. Quando ella morì, secondo la tradizione, fu affidato alla nutrice Cirilla.
A 12 anni fu mandato con la sorella a Roma a compiere i suoi studi, ma, come racconta Gregorio Magno nel secondo libro dei Dialoghi, sconvolto dalla vita dissoluta della città «ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente nell’immane precipizio. Disprezzò quindi gli studi letterari, abbandonò la casa e i beni paterni e volle far parte della vita monastica».
All’età di 17 anni, insieme con la sua nutrice Cirilla, si ritirò nella Valle dell’ Aniene presso Eufide (l’attuale Affile), dove, secondo la leggenda devozionale, avrebbe compiuto il primo miracolo riparando un vaglio rotto dalla stessa nutrice. Lasciò poi la nutrice e si avviò verso la valle di Subiaco, presso gli antichi resti di una villa neroniana, nella quale le acque del fiume Aniene alimentavano tre laghi (la città sorgeva appunto sotto – “sub” – questi laghi). A Subiaco incontrò Romano, monaco di un vicino monastero retto da un abate di nome Adeodato, che, vestitolo degli abiti monastici, gli indicò una grotta impervia del Monte Taleo (attualmente contenuta all’interno del Monastero del Sacro Speco), dove Benedetto visse da eremita per circa tre anni, fino alla Pasqua dell’anno 500 .
Conclusa l’esperienza eremitica, accettò di fare da guida ad altri monaci in un ritiro cenobitico (forma comunitaria di monachesimo, praticata in monasteri sotto la guida di un’autorità spirituale, secondo una disciplina fissata da una regola) presso Vicovaro, ma, dopo che alcuni monaci tentarono di ucciderlo con una coppa di vino avvelenato, tornò a Subiaco.
Qui rimase per quasi trent’anni, predicando la “Parola del Signore” e accogliendo discepoli sempre più numerosi, fino a creare una vasta comunità di tredici monasteri, ognuno con dodici monaci e un proprio abate, tutti sotto la sua guida spirituale. Negli anni tra il 525 ed il 529, a seguito di un altro tentativo di avvelenamento con un pane avvelenato, Benedetto decise di abbandonare Subiaco per salvare i propri monaci.
Si diresse quindi verso Cassino dove, sopra un’altura, fondò il monastero di Montecassino, edificato sopra i resti di templi pagani e con oratori in onore di San Giovanni Battista (da sempre ritenuto un modello di pratica ascetica) e di San Martino di Tours, che era stato iniziatore in Gallia della vita monastica.